Dal Mediterraneo alla Mongolia, il nomadismo in musica a Vicenza

Dal 20 al 22 ottobre la Società del Quartetto propone al Comunale di Vicenza una nuova edizione del Festival Musica delle Tradizioni: tre serate di musica e canti popolari accomunate dal tema del nomadismo. In scena un gruppo di Tuareg, un trio dalla Mongolia e l’evento principale con il quintetto di Moni Ovadia e le sue Rotte Mediterranee.

Un po’ spostato in avanti rispetto alla consueta collocazione settembrina, il Festival Musica delle Tradizioni – organizzato dalla Società del Quartetto di Vicenza con la direzione artistica di Ilaria Fantin – torna al Teatro Comunale di Vicenza da venerdì 20 a domenica 22 ottobre.
Il filo conduttore dell’edizione 2017 è il nomadismo: un tema che porterà gli spettatori nel cuore del deserto africano, fra le sconfinate steppe della Mongolia e nel blu profondo del Mar Mediterraneo, alla scoperta di storie che affondano le loro radici in luoghi lontani, culture ancestrali, epoche remote. Al centro dei racconti musicali che ascolteremo ci sono due protagonisti: la Natura – spesso ostica e crudele – e l’Uomo. Un Uomo che in quei luoghi tutt’altro che ospitali ha imparato a vivere una vita “normale”, seppur vagabonda, con tutte le emozioni che contraddistinguono il quotidiano: i grandi amori, le speranze, le gioie, gli affanni e le delusioni.

Il viaggio parte venerdì 20 nella sala del Ridotto con il Trio Anewal capitanato da Alhousseini Anivolla, una delle voci più note del cosiddetto desert blues, genere musicale relativamente nuovo – almeno per il mondo occidentale – che ha non poche attinenze con il più popolare blues nordamericano, a partire dal suo strumento-principe: la chitarra. Accompagnato da Jean Gnonlonfoun (voce, chitarra basso e tamburi parlanti) e Tunde Ali alle percussioni, Anivolla ci porta nel mondo dei Tuareg – il popolo dalle vesti blu che conserva molti aspetti linguistici e culturali delle antiche genti berbere – attraverso il suo variegato blues che evoca la vita quotidiana delle popolazioni nomadi nell’immensità del deserto.
Il concerto è accompagnato dai suggestivi disegni sulla sabbia di Nadia Pretto, proiettati dal vivo sul grande schermo del teatro.
L’esibizione del Trio Anewal è introdotta da Carlo Maver, scrittore, fotografo e musicista (flauto e bandoneon) autore del libro “Azalaï: Millecinquecento chilometri a piedi nel deserto” (Edizioni Pendragon). Attraverso le melodie da lui stesso composte, Maver racconterà al pubblico emozioni e suggestioni del viaggio estremo in solitaria tra le dune del deserto che lo ha cambiato per sempre.

Sabato 21 i riflettori della sala grande del Comunale si accendono su Moni Ovadia, che torna a Vicenza alla testa del suo quintetto formato da Anissa Gouizi (voce), Giovanni Seneca (chitarre), Gabriele Pesaresi (contrabbasso) e Francesco Savoretti (percussioni mediterranee). Lo spettacolo, dal titolo Rotte Mediterranee, è in pratica un excursus sul “vagabondaggio culturale” che ha contrassegnato da immemore tempo molti popoli che si affacciano sul Mar Mediterraneo: un percorso che, oltre all’Italia, tocca la Spagna, il Nord Africa, la Grecia e le genti balcaniche.
Prima delle “Rotte Mediterranee” di Ovadia, il foyer del Teatro Comunale ospiterà – alle ore 20 – l’esibizione finale del “Mappamondo Musicale”, laboratorio multietnico di percussioni dedicato ai ragazzi delle scuole primarie e secondarie di primo grado che da alcuni edizioni accompagna in parallelo le giornate del Festival.
Nel pomeriggio di sabato, a Palazzo Chiericati alle  16, Moni Ovadia converserà con il prof. Giovanni Villa (direttore scientifico della Pinacoteca di Palazzo Chiericati) sul tema del nomadismo nell’arte, nella musica popolare e nella cultura.

Per finire, la serata di domenica 22 ottobre è interamente dedicata ai suoni e ai canti della Mongolia. A presentarli, sul palco del Ridotto, ancora un trio: quello degli Egschiglen, composto da Yanlav Tumursaihan, Amartuwshin Baasandorj e Uuganbaatar Tsend-Ochir.
Lo spettacolo si presenta particolarmente interessante perché darà modo al pubblico di conoscere il suono – oltre che l’insolita foggia – di due strumenti ad arco tipici della tradizione musicale mongola (il morin khuur e il tobshuur), ma anche di ascoltare dai tre interpreti i canti khoomii che sfruttano particolari tecniche vocali in grado di far risaltare gli armonici naturali della voce. A rendere ancor più suggestiva la serata ci sarà la ballerina Ariunaa Tserendavaa con i suoi abiti dai colori sgargianti.

Per una precisa scelta che ha contraddistinto tutte le edizioni di Musica delle Tradizioni, i biglietti per le tre serate del Festival sono a prezzi particolarmente contenuti: 8 euro per gli spettacoli del 20 e 22 ottobre, 11,50 euro per lo spettacolo “Rotte Mediterranee” con Moni Ovadia.

 

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