Segnali positivi per il mercato del lavoro, ma anche a Vicenza le ultime assunzioni non sono ‘buone’

Studiando i dati del 3° trimestre 2017 su assunzioni/cessazioni di lavoro dipendente pubblicati da Veneto Lavoro, anche a Vicenza si nota la ripresa di movimento (in verità già avviata nei trimestri precedenti).

Rammentando che di numero di contratti si tratta e non di teste – le persone possono avere avuto più contratti in corso d’anno -, i dati sono questi: 33.320 assunzioni (19.065 uomini, 14.255 donne) e 33.050 cessazioni (19.370 uomini, 13.680 donne), con saldo positivo di 270 unità. E’ il dato migliore dal lontano 2008, anno di avvio della crisi.

Confermando il trend nazionale, anche a Vicenza si osserva la netta prevalenza dei contratti a termine (va ricordato che è stata abolita la causale che prima giustificava questo tipo di contratto): solo il 13% delle assunzioni fatte sono state a tempo indeterminato; la somma tra contratti a tempo determinato e lavoro somministrato arriva all’81%. Al 6% i contratti di apprendistato.

Molti ancora i part-time (29%). In crescita il lavoro a chiamata (effetto della soppressione dei voucher), come il lavoro parasubordinato e i tirocini (2.460 di cui 2.010 di giovani).

Non sono poche anche le cessazioni, attribuibili in larga parte (23.240) alla fine dei contratti a termine, mentre, rispetto ai trimestri precedenti, sono in decrescita i licenziamenti (4,7% del totale) e stazionarie le dimissioni.

Il numero dei disoccupati immediatamente disponibili al lavoro, a Vicenza, è 44.825, di cui almeno 16.600 in lista da più di due anni.

Dai dati si evince che aumentano i lavoratori in possibili difficoltà (part-time involontario, contratti a scadenza…) e si allarga la forbice delle disuguaglianze. Da anni scelte politiche precise hanno ridotto diritti e tutele, sostenuto la flessibilità del mercato del lavoro e favorito gli incentivi a pioggia alle imprese attraverso la decontribuzione.

Come Cgil riteniamo che non sia più rinviabile un cambio di passo. Le risorse devono essere indirizzate verso gli investimenti, così da poter valorizzare saperi, ricerca e innovazione. La formazione continua è fondamentale.

Su questi terreni l’Italia è piuttosto lontana dagli altri paesi europei. E da ciò deriva anche la scarsa produttività denunciata.

Se non si farà questo cambio di passo, ne andrà del diritto delle persone e delle famiglie: i dati sulla natalità decrescente denunciano anche questo. Ne andrà della qualità del nostro sistema economico e della coesione sociale dei territori.

Questa è una sfida che deve vedere impegnati tutti.

 

Fonte: Cgil Vicenza

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