Transumanza: tra rito e folklore, un patrimonio zootecnico che diventa festa per tutti

Transumanza o desmontegada a seconda dei territori il termine cambia, ma il significato è lo stesso: portare a valle greggi e mandrie per prepararsi all’inverno. Un evento tra rito e folklore che attrae turisti e cittadini che accorrono lungo le strade ad accogliere gli animali accompagnati da pastori, allevatori e le loro famiglie in abiti tradizionali.

Una ricorrenza che coincide con l’usanza di abbellire i capi con fiori e campanacci, canti e balli lungo il tragitto, soste a ridosso dei centri urbani in tappe tramandate dalle generazioni. Eppure durante il resto dell’anno, quando la pastorizia errante richiede spostamenti per cercare pascoli e prati la festa si ridimensiona tra vincoli di transito, sanzioni e polemiche varie. Nell’anno in cui il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali applaude all’iniziativa di sostenere questa pratica antica come patrimonio culturale immateriale dell’umanità Unesco, Coldiretti confida che questa candidatura porti la pace tra amministrazioni pubbliche e gli operatori agricoli  impegnati a perpetuare le gesta dei popoli le cui radici si perdono nel tempo. I percorsi storici in Veneto interessano le province di Vicenza e Belluno con provenienze in pianura dall’Altopiano di Asiago, da Agordo o dal Cadore. “E’ proprio in queste aree che si concentra la presenza di ragazze pastore – osserva Chiara Bortolas presidente regionale di Donne Impresa –  le stesse a cui si rivolge l’interesse del nostro movimento che ha promosso una proposta di legge per riattivare le “vie dei pascoli” riscoprendo i tratturi, i corridoi verdi di una volta al fine di sostenere un’attività che resiste vivendo una modernità foriera di innovazione e di nuova occupazione. Sono circa un centinaio – ricorda Bortolas – le nuove generazioni  che compiono lunghe o brevi traversate di terra, tutelando anche razze in via d’estinzione, una valenza  zootecnica che conta 55 mila pecore e quasi 17 mila capre, per un totale di poco meno di 72 mila esemplari: una frazione inferiore all’uno per cento del totale italiano (oltre 9 milioni di capi), ma non per questo non meritevole di attenzione”.

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