Amazon incentiva l’e-commerce in Italia: limitarlo è un danno al Sistema Paese

Amazon pigliatutto a discapito dei commercianti “fisici”: non è la prima volta che montano le polemiche che, quest’anno, si sono particolarmente accese sull’onda della pandemia e delle chiusure a livello regionale disciplinate dal Governo.  Una visione bipolare del fenomeno e-commerce: da un lato si chiede una spinta in direzione del digitale, dall’altro si fa la lotta al fenomeno, da un lato, quando fa comodo, si loda Amazon per la velocità delle consegne e l’efficienza operativa e dall’altro si punta il dito contro la società.

“Penso che occorra avere considerazione e rispetto per tutti quegli imprenditori, venditori, negozianti che, in un Paese che si caratterizza per un gap di digitalizzazione storico verso gli altri Paesi europei, hanno intrapreso la strada dell’omnicanalità e dell’innovazione, diversificando il proprio business e digitalizzando la propria attività per aprire nuovi sbocchi commerciali”, dice Mariangela Marseglia, Country Manager di Amazon.it e Amazon.es (in foto) nel ricordare che “in Italia ci sono circa 100 piattaforme di diverse dimensioni che vendono online, intermediando prodotti che arrivano da circa 50.000 venditori”.

D.ssa Marseglia, dunque lo shopping online non va bloccato?

Se si bloccano l’e-commerce e i grandi eventi di shopping online come il Black Friday, si blocca un canale di vendita per 50.000 realtà, oltre a tutto l’indotto della filiera del digital retail, che conta 678mila imprese e 290mila lavoratori, secondo i dati forniti da Netcomm e The European House – Ambrosetti. Ma soprattutto si blocca una possibilità per tutti coloro che in questo momento non riescono a raggiungere i propri clienti fisicamente. Da parte nostra, siamo felici di poter dare a 14.000 Pmi la possibilità di continuare a vendere in Italia e di poter sviluppare il proprio export in questo anno così sfidante. Le piccole e medie imprese che vendono su Amazon, nel 2019, hanno registrato vendite all’estero per più di 500 milioni di euro. Di queste, circa 600 hanno superato 1 milione di dollari di vendite. Fino ad oggi, gli impatti positivi registrati hanno permesso alle Pmi di creare oltre 25.000 posti di lavoro.

Penso a un caso che abbiamo messo in luce in questi giorni: l’azienda tessile Zenoni&Colombi di Nembro (BG), guidata da quattro 20enni che hanno puntato sulla qualità del prodotto e sullo sviluppo della vendita online su diversi siti web, tra cui Amazon. Pur essendo situati in un’area molto colpita dalla pandemia, hanno potuto incrementare del 10% le loro vendite quest’anno. Quello che serve è rendere accessibile la formazione ed i servizi digitali a tutti coloro che ancora non conoscono il potenziale dell’e-commerce.

Amazon ha battezzato una serie di iniziative proprio per favorire l’avvio dell’e-commerce da parte delle Pmi. Ma considerate le polemiche è evidente che nel nostro Paese c’è scarsa informazione. Può farci il punto della situazione?

Amazon ha una lunga tradizione di investimenti in servizi e strumenti a supporto delle Pmi, fin dal 2000 quando abbiamo aperto il nostro negozio ai rivenditori terzi. Oggi oltre la metà di tutti i prodotti venduti sui siti Amazon nel mondo provengono da milioni di piccole e medie imprese, incluse 14.000 Pmi italiane.

La questione fiscale tiene banco da anni ormai: può dirci esattamente come stanno le cose? Quante tasse paga Amazon in Italia e perché si continua a dire che ne paga troppo poche?

Amazon contribuisce anche al gettito fiscale attraverso le tasse, sia dirette che indirette, che vengono riscosse dal Governo a seguito delle sue attività in Italia. Dal 2015, abbiamo una stabile organizzazione in Italia che registra tutti i ricavi, le spese, i profitti e le imposte dovute in Italia per le vendite al dettaglio su Amazon.it. Nel 2019, i ricavi totali delle attività di Amazon in Italia sono stati di 4,5 miliardi di euro, gli investimenti di 1,8 miliardi di euro e il nostro contributo fiscale complessivo di 234 milioni di euro. Mi sembra che questi numeri, insieme a quelli del numero di posti di lavoro che abbiamo contribuito a creare nei dieci anni di presenza in Italia, raccontino chiaramente il nostro contributo all’economia e allo sviluppo del Paese.

 

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