Si sono date appuntamento a Trissino di fronte ai cancelli della Miteni in circa un centinaio: sono le “Mamme No Pfas”, un gruppo di comitati di genitori preoccupati per la salute dei propri figli ai quali, in molti casi, sono state riscontrate dalle analisi presenze di Pfas e Pfoa nel sangue in quantità molto superiori alla norma.
Hanno portato torte, pale, carriole: un “aiuto” simbolico all’azienda di Trissino sotto accusa perché ritenuta responsabile dello sversamento delle sostanze perfluoroalchiliche nelle acque che avrebbero poi contaminato le falde da cui attinge l’acqua potabile di centinaia di migliaia di cittadini della cosiddetta “zona rossa”, l’area più colpita a cavallo tra le province di Vicenza, Verona e Padova.
La Miteni nei giorni scorsi era finita al centro delle polemiche per aver quantificato, in un ricorso al Tar contro la Regione, in circa 100 milioni di euro i danni che si creerebbero dall’attività di carotaggio nei terreni. Un’attività indispensabile per verificare il livello di inquinamento dell’area intorno all’azienda e per poi avviare la bonifica. La Miteni ha sostenuto che, se i carotaggi fossero messi in atto seguendo le modalità prescritte dalla Conferenza dei Servizi, il tempo necessario per portare a termine l’operazione sarebbe di 17 anni.
I comitati No Pfas accusano invece l’azienda chimica di Trissino di essere la principale responsabile dell’attività di inquinamento, chiedono che la produzione di sostanze inquinanti cessi con certezza e che le indagini della magistratura proseguano permettendo di mettere in atto i controlli sull’acqua nel modo più approfondito possibile.