Tutto nasce quando, a causa della lunga siccità che ha colpito il Veneto negli ultimi mesi, la Regione con una ordinanza del 18 aprile aveva dichiarato lo stato di crisi idrica e imposto, per il bacino dell’Adige, una limitazione nei prelievi irrigui del 50%. In quell’occasione la Giunta aveva deciso di chiedere l’aiuto del Trentino Alto Adige, ottenendo dalle Province Autonome di Trento e Bolzano di garantire una portata, a valle di Trento, di almeno 80 mc/s. Dopo alcuni giorni, però, era arrivato lo stop dell’assessore di Trento Gilmozzi che aveva sottolineato come, per aiutare i veneti, i bacini trentini si sarebbero svuotati.
Il botta e risposta tra i due assessori ha fatto scoppiare quella che viene già definita “la guerra dell’acqua”. A stretto giro è infatti arrivata la replica dell’assessore veneto all’ambiente, Gianpaolo Bottacin, che dopo le difficoltà evidenziate dal suo omologo Gilmozzi ad essere ancora “solidali” “perchè acqua non ve se sarebbe più”, chiederà un nuovo tavolo politico perchè le regole – “la legge quadro 152 che da’ priorità assoluta all’uso idropotabile” – siano rispettate. “Ho letto che Gilmozzi – spiega Bottacin – dice di non capire ‘dove sia finita l’acqua’ che hanno rilasciato, perchè non ne avremmo tratto giovamento. I grafici certificati dimostrano che la portata nell’Adige a Boara Pisani, dove era stato chiuso l’acquedotto, era salita da 20 a 110 metri cubi al secondo. Ecco dov’era l’acqua”. “Noi questo inverno, quando non c’era neve – conclude – abbiamo tirato la cinghia, imponendo ai gestori di non usare tutta l’acqua dei bacini per l’energia. Non risulta che a Trento abbiano fatto altrettanto”.