“Scendemmo, girammo per trinceramenti sconvolti, cespugli di pino mugo e di ontano fino a giungere nei pressi della Malga Campiluzzi, in un luogo chiamato la Crocetta dove il Ceva, il Mondovì e altri ancora uscirono per l’attacco del 10 giugno 1917. Da qui – dissi – siete partiti per andare tra l’Ortigara e il Monte Chiesa. Allora ricordò, fu come se un sorso di un liquore misterioso lo animasse e paralizzasse”.
“Così Mario Rigoni Stern, nel suo Racconti di guerra, osserva i luoghi della Battaglia del monte Ortigara. Ed è così che vogliamo ricordarla oggi – dichiara il Presidente del Consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti – ad un secolo esatto dagli avvenimenti di allora: senza retorica, ma non senza commozione. Lo facciamo perché si tratta di una pagina eroica ed allo stesso tempo dolorosa della nostra storia, della storia del Veneto in armi e dell’Italia impegnata in guerra, e perché così chiede, ad imperituro monito trattenuto dalla pietra, la colonna spezzata collocata a quota 2.105 del teatro principale della Battaglia: ‘per non dimenticare’. Migliaia gli eventi bellici del primo conflitto mondiale. Centinaia di migliaia i morti italiani. I sassi dell’Ortigara furono abrasi dal cannone e cosparsi di sangue italiano e austroungarico. A distanza di tanti anni, gli storici continuano ad interrogarsi su quella vicenda bellica: lasciamo a loro il compito di trovare motivi, errori, numeri, statistiche, omissioni, esaltazioni. A noi, il dovere di non dimenticare”.
Cent’anni fa, tra il 10 e il 29 giugno del 1917, schierati tra il Trentino e l’alto vicentino e in particolare sull’Altopiano di Asiago, tra il monte Caldiera e la Val d’Assa, quasi 300.000 soldati italiani furono impegnati nell’attacco al sistema difensivo austroungarico, composto da 100.000 militi, con l’obiettivo strategico di riconquistare le posizioni perdute dall’esercito italiano nel corso dell’offensiva avversaria della primavera del 1916, la cosiddetta Strafexpedition. L’evento bellico del giugno ‘17 interessò una zona molto ristretta del territorio veneto, ma passò alla storia per i ripetuti tentativi italiani, sostenuti principalmente dagli Alpini, di raggiungere, conquistare e mantenere le posizioni sul monte Ortigara, cima tra le più elevate collocata all’estremità dell’Altopiano, al confine con il Trentino. L’attacco, inizialmente previsto per il 9 giugno ed in seguito rinviato al 10 a causa delle avverse condizioni meteorologiche, fu preceduto dallo scoppio accidentale, avvenuto nel tardo pomeriggio dell’8 giugno, della mina di monte Zebio che travolse poco meno di 200 militari italiani. La Battaglia dell’Ortigara costò all’esercito italiano oltre 25.000 effettivi e quasi 9.000 all’esercito austroungarico, numeri che forse appaiono non paragonabili alle ‘spallate’ sul fronte isontino. La particolarità della battaglia, tuttavia, emerge con chiarezza pensando alla circostanza che buona parte delle manovre offensive e delle perdite si concentrò lungo una linea lunga appena un paio di chilometri. E non a caso, la prima adunata nazionale degli alpini si tenne ai primi di settembre del 1920 proprio nella zona ove più cruente furono le battaglie, a quota 2.105, laddove in quell’occasione fu collocata la colonna mozzata con la scritta ‘per non dimenticare’.
“Così Mario Rigoni Stern, nel suo Racconti di guerra, osserva i luoghi della Battaglia del monte Ortigara. Ed è così che vogliamo ricordarla oggi – dichiara il Presidente del Consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti – ad un secolo esatto dagli avvenimenti di allora: senza retorica, ma non senza commozione. Lo facciamo perché si tratta di una pagina eroica ed allo stesso tempo dolorosa della nostra storia, della storia del Veneto in armi e dell’Italia impegnata in guerra, e perché così chiede, ad imperituro monito trattenuto dalla pietra, la colonna spezzata collocata a quota 2.105 del teatro principale della Battaglia: ‘per non dimenticare’. Migliaia gli eventi bellici del primo conflitto mondiale. Centinaia di migliaia i morti italiani. I sassi dell’Ortigara furono abrasi dal cannone e cosparsi di sangue italiano e austroungarico. A distanza di tanti anni, gli storici continuano ad interrogarsi su quella vicenda bellica: lasciamo a loro il compito di trovare motivi, errori, numeri, statistiche, omissioni, esaltazioni. A noi, il dovere di non dimenticare”.
Cent’anni fa, tra il 10 e il 29 giugno del 1917, schierati tra il Trentino e l’alto vicentino e in particolare sull’Altopiano di Asiago, tra il monte Caldiera e la Val d’Assa, quasi 300.000 soldati italiani furono impegnati nell’attacco al sistema difensivo austroungarico, composto da 100.000 militi, con l’obiettivo strategico di riconquistare le posizioni perdute dall’esercito italiano nel corso dell’offensiva avversaria della primavera del 1916, la cosiddetta Strafexpedition. L’evento bellico del giugno ‘17 interessò una zona molto ristretta del territorio veneto, ma passò alla storia per i ripetuti tentativi italiani, sostenuti principalmente dagli Alpini, di raggiungere, conquistare e mantenere le posizioni sul monte Ortigara, cima tra le più elevate collocata all’estremità dell’Altopiano, al confine con il Trentino. L’attacco, inizialmente previsto per il 9 giugno ed in seguito rinviato al 10 a causa delle avverse condizioni meteorologiche, fu preceduto dallo scoppio accidentale, avvenuto nel tardo pomeriggio dell’8 giugno, della mina di monte Zebio che travolse poco meno di 200 militari italiani. La Battaglia dell’Ortigara costò all’esercito italiano oltre 25.000 effettivi e quasi 9.000 all’esercito austroungarico, numeri che forse appaiono non paragonabili alle ‘spallate’ sul fronte isontino. La particolarità della battaglia, tuttavia, emerge con chiarezza pensando alla circostanza che buona parte delle manovre offensive e delle perdite si concentrò lungo una linea lunga appena un paio di chilometri. E non a caso, la prima adunata nazionale degli alpini si tenne ai primi di settembre del 1920 proprio nella zona ove più cruente furono le battaglie, a quota 2.105, laddove in quell’occasione fu collocata la colonna mozzata con la scritta ‘per non dimenticare’.