OGM addio, anche la Grande Distribuzione dice no a prodotti geneticamente modificati

Ogm, no grazie. E se a dirlo sono perfino le catene di supermercati e discount, non certo botteghe bio di quartiere, significa che qualcosa sta davvero cambiando.

In Germania il gruppo Lidl ha messo in commercio dal 2015 una serie di alimenti garantiti con il bollino Ohne Gentechnik (senza Ogm): si è cominciato con la gamma di prodotti lattiero-caseari a marchio Milbona, poi con il pollame fresco e prodotti scelti a base di carne bovina. Pochi giorni fa l’offerta di alimenti liberi da Ogm si è arricchita di un altro tassello, con la decisione di includere anche la carne suina.

Il gigante tedesco la distribuirà da subito in gran parte delle sue filiali bavaresi, sotto il proprio marchio regionale Ein gutes Stueck Bayern. L’obiettivo è arrivare in futuro a estendere su tutta la carne di suino con il marchio regionale di Lidl la dicitura “privo di Ogm”.

Lidl è il primo discount ad adottare questa linea, notizia salutare che non può che essere accolta con favore, con l’augurio che la stessa attenzione venga riservata alla filiera dell’allevamento, dai mangimi al benessere animale.

L’accresciuta preoccupazione per la tracciabilità degli alimenti non è comunque isolata nel panorama della distribuzione. Solo lo scorso gennaio il principale concorrente tedesco di Lidl, la catena Aldi, ha annunciato di aver rimosso dagli scaffali dei suoi punti vendita negli Stati Uniti tutti i prodotti in cui fossero rintracciabili otto diverse categorie di pesticidi e insetticidi. Oltre ad ampliare la gamma del biologico con il brand “Never any!” che comprende carni prive di antibiotici, ormoni e additivi e la linea SimplyNature (libera da 125 ingredienti artificiali).

Proprio negli Stati Uniti, dove Aldi è presente fin dagli anni Settanta, Lidl ha annunciato di essere pronta a entrare in forze dal 2018, aprendo 100 supermercati nella East Coast.

Chissà che il nuovo capitolo della concorrenza tra i colossi non cominci finalmente a giocarsi, anziché sui ribassi di prezzi ormai insostenibili per agricoltori e allevatori, su quell’attenzione alla qualità e alla provenienza che fasce sempre più ampie di consumatori ormai pretendono (si vedano anche le preoccupazioni legate all’acquisizione da parte di Amazon di Whole Foods Market, lo storico canale di vendita dell’organic food in America).

Anche in Germania la sterzata anti Ogm appare giustificata da una ben precisa strategia: che si tratti di un mero espediente per ripulire un’immagine non sempre impeccabile o di una più profonda revisione della propria filosofia aziendale, anche i marchi del Big Food fanno i conti con il crescente potere di chi “vota con la forchetta”.

Non a caso questo avviene in un Land come la Baviera, che dal 2014 è entrata a far parte delle “Gmo Free farming area”, un network che include 62 territori di nove Paesi europei, tra cui 18 regioni francesi, 13 regioni italiane e tutti gli Stati dell’Austria.

Il governo locale della Csu sostiene il no alle coltivazioni geneticamente modificate anche in Europa e pare che stia preparando sul tema un’ulteriore stretta. Cosa che senza dubbio non ha lasciato indifferenti i padroni della grande distribuzione.

 

(Fonte: SlowFood)