
ECHA lagenzia di regolamentazione delle sostanze chimiche dellUnione Europea con sede a Helsinki ha pubblicato il 26 giugno scorso il documento che porterà alla definizione di una norma specifica sullutilizzo del PFOA. Lagenzia è lautorità che stabilisce il regolamento REACH a cui la Regione Veneto ha fatto pochi giorni fa riferimento annunciando la necessità di avviare i controlli su tutti gli utilizzatori di sostanze chimiche nei distretti di lavorazione delle pelli. ECHA indica tra i grandi utilizzatori di PFOA anche il tessile, le cartiere e chi utilizza inchiostri e tinture.
Lagenzia si è concentrata sul PFOA e ha diviso lutilizzo di questa sostanza allo stato puro dalle sostanze definite PFOA correlate cioè che si trasformano PFOA una volta nellambiente. Queste ultime non vengono attualmente ricercate nelle analisi ambientali perché non sono ancora PFAS ma, si scrive nel rapporto, lo diventano in un tempo variabile tra qualche giorno e alcuni anni e limpiego di queste sostanze in Europa è di migliaia di tonnellate allanno.
ECHA descrive i quantitativi per ogni utilizzo in ambito europeo suddividendo luso per il trattamento dei tessuti, delle pelli e dei coloranti che talvolta in passato sono stati visibili nei corsi dacqua del territorio della valle dellAgno.
Scrive ECHA: Una fonte indiretta di PFOA sono le aziende che utilizzano e smaltiscono sostanze che degradano in PFOA. Il mercato di queste sostanze ha un volume intorno alle 1.000 tonnellate anno nei trattamenti di pelle e tessuti e altre 150-200 tonnellate sono utilizzate per il trattamento della carta. Ulteriori 50 – 100 tonnellate vengono usate per colori e inchiostri.
LUnione industriale conciaria UNIC nella sua documentazione scrive che lItalia rappresenta il 66% della produzione europea. Il Veneto vale il 52% della produzione italiana del settore. Ne consegue che la sola industria della pelle del Veneto consuma ogni anno, secondo i dati dellagenzia europea che li definisce per difetto, circa 160 tonnellate di sostanze che rilasciano PFOA una volta in ambiente e che non sono mai state oggetto di analisi negli scarichi industriali. A questi vanno ad aggiungersi 30 tonnellate di PFOA e sali di PFOA puri o utilizzati in miscele vendute in Europa.
ECHA afferma di avere dati sottostimati perché non tutti i fornitori hanno risposto alle richieste dellagenzia e già uno solo di loro ha comunicato volumi intorno alle 1.000 tonnellate per anno.
Questa indagine dellagenzia europea è stata richiesta da Germania e Norvegia, realizzata dal Committee for Risk Assessment (RAC) e dal Committee for Socio-economic Analysis (SEAC) e ha lo scopo di definire modifiche al regolamento REACH per lutilizzo del PFOA. Dal 1° giugno limportazione e vendita di pefluorurati deve essere dichiarata al REACH e questo consentirà di avere dati sempre più precisi sullutilizzo.
In merito a questi dati, Antonio Nardone amministratore delegato di Miteni dichiara: Lagenzia europea è molto chiara, conferma i dati che avevamo diffuso sullutilizzo dei perfluorurati nelle industrie della zona, e lo fa al rialzo. Era evidente dai calcoli delle concentrazioni che la diffusione di PFOA non poteva avere come fonte principale Miteni. Ora lagenzia europea dice chiaramente che la maggior parte di PFOA si produce da sostanze chimiche che nessuno ha mai cercato negli scarichi industriali del Veneto. Sostanze di cui sono state scaricate migliaia di tonnellate in ambiente per decenni dalle lavorazioni industriali e che Miteni non ha mai prodotto. Lo stesso vale per i terreni e la falda. La coscienza ambientale del secolo scorso era scarsa per tutti. Si deve ora verificare la situazione anche dei terreni di chi ha usato e sta usando PFOA e sostanze che si trasformano in PFOA dagli anni Sessanta quando i fiumi si coloravano in funzione delle tinture usate dalle industrie. Questi terreni percolano nelle falde acquifere, così come le discariche che hanno raccolto i fanghi di queste aziende.