Economia dei mercati mondiali, Carlo Cottarelli: ” Non conosco un paese che taglia le tasse e che non faccia aumentare il PIL”

Si è tenuto, in Confindustria Vicenza, il convegno dal titolo “L’economia e i mercati mondiali nel 2020. Quali prospettive”, con protagonista Carlo Cottarelli, promosso da Confindustria Vicenza in collaborazione con Intesa Sanpaolo.

“Il 2019 si è chiuso con segnali non proprio entusiasmanti, per il commercio mondiale, cresciuto meno del PIL mondiale, per il quarto anno consecutivo. Siamo forse di fronte a modifiche sostanziali
dei modelli di internazionalizzazione delle imprese ma stiamo anche vivendo un periodo di incertezze profonde – ha esordito Remo Pedon, Vicepresidente di Confindustria Vicenza con delega ai Mercati Esteri -. Le guerre commerciali che hanno per protagonisti gli USA e la Cina, la Brexit, la crisi dell’auto, ma più ancora i tanti e preoccupanti segnali di crisi geo-politica, Iran, Libia, Hong Kong, solo per citare quanto sta accadendo proprio in questi giorni, stanno sicuramente inducendo le imprese a comportamenti di grande prudenza e che fatalmente incidono sul volume degli investimenti e sulle dinamiche dell’economia mondiale.
Che cosa ci dobbiamo però attendere per il 2020. Alcuni scenari previsionali, ad esempio quelli del rapporto annuale ICE/Prometeia, inducono all’ottimismo, promettendo un 2020 dove il commercio mondiale potrebbe tornare a crescere più del PIL globale.
Tuttavia, anche gli eventi di questi giorni preoccupano le nostre imprese che esportano. Sono per altro convinto che le nostre imprese sapranno ancora una volta interpretare al meglio le dinamiche dei mercati, intercettando i segmenti della domanda più congeniali alle loro produzioni.
Da sempre poi sostengo le incertezze degli scenari non ci devono spaventare, ma semmai stimolare a diversificare sempre di più i mercati e a sviluppare la cosiddetta cultura del rischio, fatta di
attenzione agli eventi, per prevenirne quelli negativi e gestire al meglio gli imprevisti.
I nostri esportatori ne sono consapevoli e vi si applicano, con impegno, tutti i giorni.
Purtroppo, sono spesso costretti a farlo da soli e senza una politica con la P maiuscola e capace di metterli nelle condizioni migliori, per affrontare una competizione mondiale che è sempre più difficile ed agguerrita”.

“Nel 2020 i mercati globali beneficeranno dell’annunciata tregua nella guerra dei dazi tra USA e Cina e della probabile ratifica dell’USMCA, il nuovo NAFTA tra Canada, Stati Uniti e Messico che abbatterà il rischio di una contrazione dell’interscambio in Nord America – ha continuato Gregorio De Felice, Capo Economista e Responsabile della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo -. L’incertezza rimarrà però elevata, perché l’accordo tra Washington e Pechino riguarda solo la prima fase delle trattative e rimangono aperti altri fronti caldi, tra i quali Brexit, ancora tutta da definire nei tempi e nei modi, e la mancata intesa all’interno della WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, sulla nomina dei giudici dell’organo di risoluzione delle dispute.
Assisteremo a una ripresa del commercio mondiale, ma con un trend di crescita modesto. In Cina si registreranno i primi segni di stabilizzazione del ciclo economico produttivo e in USA vi sarà un rallentamento controllato dell’economia.
Nell’Area Euro avremo una domanda interna sostenuta dai redditi reali e, sperabilmente, dalle politiche fiscali. Come già fatto da Mario Draghi, anche la nuova Presidente della Banca Centrale Europea,
Christine Lagarde, ha richiamato l’attenzione sulla necessità di una politica fiscale più espansiva nei Paesi che hanno margini di manovra, in primis la Germania. La politica monetaria ha sostanzialmente esaurito le «cartucce» e rimarrà invariata, limitandosi all’esecuzione delle misure già annunciate e al
completamento della revisione strategica. In Italia avremo una crescita ancora modesta, con una lieve accelerazione del PIL, dallo 0,2% del 2019 allo 0,3%, grazie alla tenuta dei consumi, a una buona dinamica del reddito disponibile e al saldo commerciale in crescita. Resta ancora purtroppo ampio, rispetto agli altri principali Paesi dell’Area Euro, il gap degli investimenti.
Un dato positivo riguarda lo stato di salute delle nostre imprese: quelle che hanno superato la crisi oggi sono più resilienti, registrano una media dei ROI più alta in ogni classe dimensionale e possono
contare su più risorse da investire”.

Quindi è stata la volta di Carlo Cottarelli che, in dialogo con la giornalista di Radio24 Debora Rosciani, ha detto: “Alla fine credo che Trump verrà rieletto. L’economia USA va, c’è crescita e credo che quest’anno continuerà”.
Sulle crisi: “Bisognerebbe avere un’economia resistente agli choc – ha affermato Cottarelli -. Quella tedesca lo è. Quella americana lo è anche se nel 2008 con Lehman Brothers ha subito il colpo. Sono un
po’ più preoccupato per l’economia italiana”.
E sulla Manovra, Cottarelli ha detto: “È stato tutto molto modesto quello che si è fatto. Il rapporto tra tasse e dimensione dell’economia nel 2020 è simile a quella del 2019. Il taglio delle tasse si potrebbe,
come proponeva la lega, farlo in deficit. Chi lo sostiene dice che può funzionare perché i soldi presi a prestito si possono recuperare visto che il taglio delle tasse comporterebbe crescita dell’economia. Il
problema è che non è così. Non conosco un paese, tranne qualche eccezione, che taglia le tasse e che non faccia aumentare il PIL se non una tantum e comunque mai tanto quanto da recuperare il taglio
iniziare. Secondo me questa politica non si può autofinanziare in Italia, paese molto indebitato, questa cosa non si può fare perché chi presta soldi alzerà i tassi di interesse, come successo l’anno scorso
con il governo giallo-verde con lo spread salito.
L’altra possibilità è risparmiare sulla spesa. Questo si può fare. Certo, ci sarà qualcuno che si lamenterà, ma se vogliamo tagliare le tasse bisogna tagliare la spesa.
A parte gli ultimi 2 anni con accelerazione della spesa, tra il 2010 e il 2017 la spesa pubblica non è aumentata tanto, ma grazie a tagli lineari. Ad esempio: sia alle Regioni efficienti che alle inefficienti. E
corri il rischio di fare danni. Poi ne risente la qualità dei servizi alla popolazione”.
Sul debito pubblico: “È tutto quello che lo Stato ha preso a prestito in passato – ha spiegato Cottarelli -. Soldi prestati al 70% dai cittadini italiani, il resto dall’estero. Il debito pubblico elevato l’abbiamo
ereditato dalla Prima Repubblica, quando si andava in pensione dopo 19 anni, 6 mesi e 1 giorno di lavoro”.
Sollecitato dagli imprenditori di Confindustria Vicenza presenti, Cottarelli ha poi risposto alle domande della platea: “L’unico modo per fare revisione della spesa è NON partire da un solo settore.
Ci vuole uno sforzo nazionale per cercare di risparmiare per poi tagliare le tasse e far ridurre il debito pubblico. Cosa che non richiede neanche austerità. Perché quello che conta non è il debito, ma il
debito rispetto al PIL. Intanto basterebbe far smettere il debito di crescere”.

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